Navata destra

Urna san Felice martire - St. Felice martyr’s urn, sec. XVII

Il Santo e il Paladino. Negli ambienti della Cattedrale si trova un’urna di vetro con un corpo imbalsamato. Ufficialmente è San Felice Martire. Con questo nome, però, vi sono 15 martiri riconosciuti dalla Chiesa e stranamente non è dato sapere quale sia di essi. Le inusuali vesti alimentano un’altra ipotesi. Un’antica tradizione vuole che sia Brandimarte, prode paladino di Carlo Magno. L’eroe morì lottando con Orlando e Oliviero contro 3 cavalieri saraceni in un epico duello a Lampedusa. Per officiare le esequie, Orlando volle che il corpo fosse traslato ad grigento e sepolto in Cattedrale. L’episodio è narrato da Ludovico Ariosto nei canti XLII-XLIII dell’Orlando Furioso. Di chi è, dunque, il corpo nella bara di vetro? Del cavaliere o del santo? Vincenzo Mazzara

Siamo in tempo di crociate e le continue battaglie tra cristiani e musulmani sono oggetto non solo degli storici ma anche di romanzieri e autori di vario genere e Lampedusa, a metà tra questi due mondi, è contesa per la sua posizione strategica. È qui che infatti Ludovico Ariosto decide di ambientare uno dei momenti più importanti del suo Orlando Furioso, lo scontro tra i saraceni Agramante, Sobrino e Gradasso e i cristiani Orlando, Brandimarte e Oliviero dando vita ad un lungo e sanguinoso combattimento corpo a corpo nel quale solo l’Orlando ne uscirà immune.  Finzione o cronaca, rimane il fatto che a Lampedusa si trovano tutt’ora nel nome di alcuni luoghi (Cavallo Bianco, Aria Rossa) le tracce di questo scontro epico. Quando l’Ariosto descrisse questi eventi, l’isola era stata da poco donata dal re Alfonso V D’Aragona, detto il magnanimo, al barone di Montechiaro Giovanni de Caro in cambio dei servigi resi da quest’ultimo durante le guerre combattute in nord Africa.

Brandimarte e Fiordigi sono due personaggi immaginari, presenti nell’ Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo (1495) e nell’ Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (1532). Fiordigi è una giovane donna, chiamata anche Fiordalisa, un nome che richiama un fiore, il Fiordaliso appunto. Su questo fiore ruota una leggenda che affonda le sue radici nel passato. Si narra, infatti, che fu un impacco di fiordaliso a guarire il centauro Chirone, considerato il più saggio dei centauri, esperto nelle arti, nelle scienze e nella medicina così come la bella e giovane Fiordigi. Brandimarte, invece è il grande amico di Orlando. Nell’Innamorato, Libro I, canto IX si legge: “Era Cortese, il suo leggiadro core fu sempre acceso di gentile amore.” I due inizialmente si ritrovarono come schiavi e una volta compresa lo loro origine regale fuggono e decidono di sposarsi convertendosi al cristianesimo. Nel Furioso, Brandimarte si ritrova prigioniero nel palazzo di Atlante, e vi rimane finché Astolfo non lo libera. Viene così informato, che il suo amico Orlando è diventato pazzo e così decide insieme a Fiordigi di andare alla sua ricerca. Il viaggio è colmo di colpi di scena, di avventure e di catture ma i protagonisti riescono a liberarsi e ad incontrare l’Orlando impazzito, riuscendo a fargli acquistare di nuovo il senno facendo inalare il contenuto di un’ampolla. Ma le sorti dei due giovani, non sono degne di un lieto fine. Il coraggioso e innamorato Brandimarte viene infatti battuto durante una battaglia a Lampedusa. Il suo funerale è narrato come solenne e celebrato in nave in un viaggio che tocca il vulcano Etna e Agrigento. Luisa Taibi

 

The Saint and the Paladin. In the cathedral, there is an embalmed body in a glass coffin. It has been officially identified as St. Felice Martire, but there are 15 martyrs recognized by the Church with this name and for some reason it is not known which he is. His unusual clothes have given rise to an alternative theory. According to an ancient tradition, it is actually the body of Charlemagne’s brave paladin Brandimarte. He died alongside Orlando and Oliviero during an epic battle with three Saracen knights on Lampedusa. Orlando wanted his body to be taken to Agrigento for a funeral and buried in the Cathedral. The story was told by Ludovico Ariosto in cantos 42 and 43 of Orlando Furioso. So whose body lies in the glass coffin?  Vincenzo Mazzara

 

 

Pietà in terracotta - Pity in terracotta, sec. XVI

Compianto sul Cristo morto

legno intagliato, dorato e terracotta policroma 

XVII secolo, primo quarto 

 

Il gruppo scultoreo, raffigura il  drammatico episodio evangelico del Compianto sul Cristo morto. La scena  si compone di quattro figure: la Vergine Addolorata  e il Cristo morto al centro della scena, San Giovanni e la Maddalena che posti ai lati compartecipano al tragico evento. Sebbene le ingiurie del tempo hanno deteriorato il gruppo, la Sacra rappresentazione mantiene una forte forza narrativa. La figura di Cristo, seguendo i moduli del gotico doloroso, è umanizzata, contorta, con i segni di un martirio sopportato passivamente. La figura ossuta caratterizzata dagli stessi fasci muscolari in tensione, la torsione della zona addominale rivela una resa esecutiva lontana  dalla visione eroicheggiante di stampo classico rinascimentale che influenza il noto  Compianto di Caltabellotta realizzato da Antonino Ferraro nel 1552.

Le Sacre effigi, imprigionate nello spazio di una scena in tensione, sono ancorate ad una composizione fiammingheggiante, a cui si associa un decorativismo quasi metallico dei panneggi che riecheggia stilizzazioni plastiche borgognone. Nell’organizzazione della capigliatura a pesanti ciocche inanellate delle figure e nella barba rasata a filo di mandibola di San Giovanni risalta l’influenza fiamminga espressa in chiave iberica. La tensione fisica delle figure del complesso agrigentino riflette una tensione interiore consueta alle Sacre rappresentazione, nate con la finalità di coinvolgere emotivamente  il fedele.

Il tema iconografico del Compianto sul Cristo morto, derivante dal tema nordico del Calvario con spunti tratti dai Vesperbild, espresso sia in pittura che in scultura, trovò la sua massima espressione nelle Sacre rappresentazioni scultoree  finalizzate alla compartecipazione corale dei fedeli al tragico evento attraverso una realistica immedesimazione.

Il pregevole Compianto, privo di documentazione, non ha attualmente riscontri con altre opere coeve. Dall’analisi stilistico-formale il gruppo scultoreo è ricondotto  verosimilmente a bottega flandro-iberica del primo quarto del XVII secolo.

Cappella di San Bartolomeo

La   piccola    cappella  San  Bartolomeo  è  incastonata  alla  base  della  torre  campanaria,  nota  come  “torre  dell’orologio”, edifcata durante la ricostruzione della Cattedrale ad  opera  dell’imperatore  Federico  II  tra  il  1232  ed  il  1240.  

 Il sacello fu realizzato nel Trecento, probabilmente come sepoltura di una importante famiglia agrigentina legata ai Chiaramonte, se non addirittura degli stessi feudatari  d’origine angioina, molti dei quali furono seppelliti  ad  Agrigento.

Gli affreschi della cappella, come quelli della navata meridionale, furono staccati nel 1951 e restaurati da Lucio Raffaele Guerrieri. 

Più tarda appare la Crocifssione, databile nella seconda metà del Trecento,  a ridosso del defnitivo tracollo dei Chiaramonte (1382),  ma  ancora  negli  anni  del  massimo  splendore  e  predominiof amiglia in Sicilia e nella città dei templi. 

Caratterizzata da una spiccata gestualità, traboccante di accentuata espressività, è anch’essa riconducibile ad un pittore franco-catalano.  

Dall’intradosso  dell’arco  proviene  il  S. Bartolomeo,  la cui matrice culturale è l’area catalana-occitanica e roussillonese della prima metà del Trecento e che è  da considerarsi uno tra i più alti esempi della pittura parietale  dell’Italia  meridionale  dell’epoca tardo  angioina. 

Dalla  parete  di  fronte  provengono  i  tre  dipinti  contigui e riportati in un unico pannello, sebbene non costituiscano un trittico. A sinistra S. Cristoforo presenta alcune caratteristiche che di  accostarlo  al  S. Bartolomeo, come la pronunciata frontalità, il volto circoscritto in un ovale, il panneggio ordinatamente parallelo.

Al cento la madonna del Latte con a destra una santa non identificabile, sono concepite con una grafia comune alla Madonna dell’Itria, che si trovava nella parete meridionale del transetto.