S. Gerlando, Rocco Jacopelli
L’identità cristiana agrigentina si riconosce vivamente nella sua Cattedrale e nel suo santo vescovo Gerlando di Besancon, primo vescovo del secondo millennio, cui venne affidata la diocesi dopo la conquista normanna avvenuta il 25 luglio 1086.
San Gerlando nasce a Besançon, l’antica Vesontium, verosimilmente tra gli anni 1030-1040 da una nobile famiglia. L’origine del suo nome, secondo gli studiosi moderni deriverebbe dall’antico tedesco gairu, ger o geir con il significato di bastone, lancia, potrebbe dunque significare combattente e conquistatore di terre. Dovette compiere i suoi studi nella stessa città natale. La sua giovinezza fiorì mentre reggeva la diocesi bisuntina S. Ugo I di Salins e Ugo II. Probabilmente, fin dalla giovinezza, S. Gerlando fu iscritto fra i chierici del capitolo di S. Paolo e vi ricevette quell’accurata preparazione che era lo scopo prefissosi da S. Ugo di Salins.
Si ipotizza ad un voto di pellegrinaggio alla tomba di Pietro, in linea con le manifestazioni della pietà cristiana mosse dalla Francia verso i principali luoghi di pellegrinaggio, quali Roma e Gerusalemme. Gerlando,probabilmente giunse in Mileto nei primi anni della sua diocesi, forse dopo il 1080-1081, accolto con onore dal clero e dal popolo divenne primicerio della schola cantorum, una scuola di teologia di Mileto in Calabria, città di residenza dei Normanni di Altavilla, prima che essi si lanciassero nella conquista della Sicilia. San Gerlando aveva il compito di istruire i diaconi, il clero, e i chierici non solo nel canto delle sacre lodi, ma anche nelle discipline ecclesiastiche. Nella Sicilia liberata dall’occupazione araba dai normanni nel 1086 viene nominato dal conte Ruggero vescovo della città nel 1088 e venne consacrato a Roma da papa Urbano II. Il Conte Ruggero volle ricostruire la chiesa di Agrigento, ritenendo Gerlando l’unico vescovo in grado di poterla governarla. L’opera evangelizzatrice di S. Gerlando si rivolse principalmente per alimentare la fede in quei pochi cristiani che trovò nella città e nella diocesi e, poi, a convertire gli ebrei e i musulmani, attraverso il suo esempio e grazie alla sua parola.
Nella politica dei Normanni i vescovi avevano una grande importanza sia come segno e simbolo dell’accordo tra la chiesa e il nuovo stato che veniva sostenuto, che come unità spirituale delle diocesi. La diocesi di allora, si estendeva per quasi un terzo della Sicilia, abbracciando le attuali due provincie di Agrigento e Caltanissetta e parte di Palermo. Organizzare una diocesi così vasta fu un impresa non molto facile. S. Gerlando si preoccupò principalmente dell’assistenza spirituale dei fedeli, costituendo le parrocchie.
La sua azione fu continua e fattiva anche nella fondazione di monasteri per arricchire la diocesi di monaci intenti alla preghiera e all’apostolato. Grande contributo nella rifondazione della Diocesi ebbe il Capitolo dei canonici, fondato per autorità pontificia e dotato dal conte Ruggero, venne ordinato e valorizzato in tutte le sue attività da S. Gerlando.
Il santo vescovo che apparteneva al rito latino, iniziò nella vasta diocesi una lenta ma decisa opera di latinizzazione, dopo il periodo bizantino al quale era succeduta la dominazione araba.
Muore il 25 febbraio del 1100, il suo corpo venne esposto con ogni devozione e riverenza nel coro della Cattedrale. La traslazione del corpo di San Gerlando in cattedrale, durante l’episcopato di Gentile (1154-1171) .
Con la traslazione del corpo in cattedrale e la trasformazione della chiesa in santuario, il vescovo Gentile promosse il culto di San Gerlando, associandolo ai santi patroni: alla Beata Maria Vergine e a San Giacomo Apostolo.
I vescovi succeduti a San Gerlando, non hanno mancato nel corso dei secoli di richiamare alla memoria la forte identità legata al vescovo patrono di Agrigento. Tra i più zelanti ricordiamo il vescovo Giovanni de Covarruvias de Leya (1594-1606).
Il vescovo Francesco Traina ( 1627 – 1651), fece realizzare la cassa reliquiario di S. Gerlando, per arricchire la nuova cappella fatta erigere dallo stesso. L’urna venne commissionata all’argentiere palermitano Michele Ricca il 10 gennaio 1635, su disegno del pittore monreale Pietro Novelli, mentre le parti fuse vennero realizzate dalla poliedrica figura di artista Giancola Viviano.