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I sarcofagi della Cattedrale

I viaggiatori del Grand Tour dopo avere visitato la Valle dei Templi salivano ad Agrigento per potere visitare le tracce archeologiche della città e in particolare il Patrimonio archeologico custodito nella Cattedrale.  «Credo di non aver mai veduto cosa più stupenda in fatto di bassorilievi, né più perfettamente conservata», sono le parole di ammirazione di Johann Wolfgang von Goethe, che, come altri viaggiatori illustri del Grand Tour, rimase colpito dalla bellezza della scultura del sarcofago di Ippolito e Federa.  Queste testimonianze costituirono il primo nucleo collezionistico della Cattedrale voluto da mons. Turano nell'800 che costituì il primo Museo dei Tesori della Cattedrale, il cui Patrimonio confluì nel Museo Diocesano voluto e realizzato da mons. Peruzzo su progetto di Franco Minissi. La Cattedrale di Agrigento in pieno Settecento riceve in dono pregevoli testimonianze classiche, due sarcofagi di età greca, due sarcofagi di età romana, un vaso attico, che diventano attrattori culturali per i numerosi viaggi in Sicilia del Gran Tour, tra il XVIII e il XIX secolo. I sarcofagi potevano essere fruiti in Cattedrale, perchè utilizzati per la liturgia battesimale, fino al 1877. Fin dalla prima metà del Settecento, un folto numero di viaggiatori, italiani e stranieri (francesi, tedeschi, inglesi) inizia a percorrere gli aspri territori della Sicilia, incuriositi da un interesse che aveva alla base le profonde istanze scientifiche e culturali del nascente neoclassicismo. In Sicilia, infatti, questi esploratori potevano ritrovare numerosi monumenti della Magna Grecia, senza per forza dover proseguire il loro viaggio fino alla grecia classica. Le loro rappresentazioni si concentravano stavolta su Akragas e sul suo paesaggio bucolico, arricchito dalla presenza dei templi. L’entusiasmo che questi viaggiatori esprimevano per l’antica città non era allo stesso tempo rivolto alla Girgenti moderna, città che racchiudeva parecchi edifici medievali, ma era ricordata in maniera piuttosto negativa: questo disprezzo si legge in numerosissimi racconti di viaggio, eppure bisogna sottolineare che spesso erano gli stessi accompagnatori agrigentini ad indirizzare la visita degli stranieri verso le bellezze classiche, ignorando di proposito la visita in città, perché per essi stessi non era meritevole di passaggio. 

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Il percorso  pone l'attenzione su alcune figure di vescovi protagonisti delle vicende storico-artistiche ed ecclesiastiche dei tre Istituti di cultura (Museo, Archivio, Biblioteca).  Figure di vescovi ed ecclesiastici attivi sul territorio diocesano, vissuti in tempi diversi, con scelte pastorali, culturali e sociali differenti, in risposta alle diverse esigenze, ma che hanno lasciato un "prodotto" ecclesiale ricco, espressione della vitalità della Chiesa universale.

Il fervido clima culturale stimolato dai vescovi agrigentini nei secoli tra il XIV e XIX alimentò e si alimentò di un contesto più ampio, di cui il ricco patrimonio artistico e architettonico, giunto fino a noi, è viva testimonianza.

L’eredità architettonica ed artistica preservata nel tempo, è frutto di una committenza colta e lungimirante, che esprime la grandezza e la munificenza della Chiesa, che con l’azione pastorale e sociale ha contribuito alla crescita del territorio, anche attraverso la fondazione di istituzioni culturali ed assistenziali.

La vita culturale ed artistica del vasto territorio agrigentino, a partire dal Trecento e per tutto l’Ottocento, annovera importanti opere ecclesiastiche quali la Cattedrale, il Seminario, il Palazzo vescovile, il Collegio dei Santi Agostino e Tommaso, le Opere Pie Gioenine, il Seminario di Favara.

Ogni vescovo che è stato approfondito nel percorso affronta aspetti comuni con l'originalità propria, e risponde alle esigenze del tempo. Sono stati selezionati documenti dell’Archivio Capitolare, dell’Archivio Storico Diocesano, dell’Archivio delle Opere Pie Gioenine, dell’Archivio dei Santi Agostino e Tommaso e della Biblioteca Diocesana del Seminario.